Gardabani
Georgian-Italian Gardabani Archaeological Project (GIGAP)
Il “Georgian-Italian Gardabani Archaeological Project” (GIGAP) è un nuovo progetto di ricerca avviato nel 2023 dall’Università Ca’ Foscari di Venezia in collaborazione con la Ilia State University di Tbilisi. E’ diretto da Elena Rova per la parte italiana e da Mariam Eloshvili per quella georgiana.
L’area di ricerca si colloca nella parte meridionale della Municipalità di Gardabani nella regione georgiana di Kvemo Kartli, vicino all’attuale confine con l’Azerbaijan, più precisamente tra il fiume Kura, il principale corso d'acqua della Georgia, e le cosiddette “Red Mountains” di Mravaltskaro, che separano la regione di Kvemo Kartli da quella di Kakheti. È divisa tra la fertile e intensamente coltivata pianura del Kura, a Ovest, e una regione più arida e ondulata, a Est. Tra queste due aree, lungo il limite meridionale, si trova un lago artificiale, il bacino di Jandara, che costituisce il confine attuale tra Georgia e Azerbaijan.
Diversamente dalle altre regioni circostanti, finora quest'area ha ricevuto poca attenzione da parte degli archeologi, nonostante la sua posizione strategica – si trova infatti in un corridoio naturale tra Armenia e Azerbaijan da una parte e Georgia dall’altra – suggerisca un alto potenziale archeologico. In effetti, i ben noti siti del Tardo Calcolitico di Soyuk Bulaq e Boyuk Kesik sono ubicati solo pochi chilometri più a Sud, al di là del confine con l’Azerbaijan, mentre molti siti importanti di diversi periodi sono stati scoperti nella pianura di Marneuli ad Ovest e nell’area di Udabno a Est.
Si prevede che il progetto si sviluppi su più anni, comprendendo scavi archeologici, indagini di superficie, studio delle collezioni museali e ricerche paleoambientali. Seguendo la tradizione dei progetti GISKAP e GILAP, esso si propone di ricostruire, in una prospettiva diacronica a lungo termine, le mutevoli relazioni esistenti tra i gruppi umani che occupavano il territorio e il loro ambiente naturale. L'approccio è multi - e interdisciplinare e prevede la partecipazione alle campagne annuali in Georgia e alle attività di ricerca associate (analisi di laboratorio, ecc.) di ricercatori, dottorandi e studenti georgiani e italiani, nonché di esperti internazionali di diverse discipline.
Le attività sul campo inizieranno nel 2024. Il primo oggetto di scavo sarà un grande “campo di kurgan” situato a Nord-Est del villaggio di Lemshveniera, dove durante una stagione preliminare sul campo svolta nell'autunno 2023 sono stati registrati più di 60 tumuli. Verrà inoltre realizzata una ricognizione di superficie sistematica dell'area circostante.
Siti
Gardabani kurgan field
Il “campo di kurgan di Gardabani” si trova a circa 12 chilometri in linea d’aria a Nord-Est di Gardabani. Il suo centro si colloca ad un’altitudine di 426 m s.l.m., alle coordinate UTM 516786.00 m E, 4596679 m N. Il sito occupa un piccolo plateau delimitato dai torrenti Jangirsu (a Nord) e Gezaldere (a Sud), confinante lungo il limite meridionale con una serie di colline brulle che proseguono fino al confine con l’Azerbaijan. Il “campo di kurgan” si estende su un’area di circa 40 ettari in leggera pendenza da NE a SW: le quote variano tra un massimo di 435 m ed un minimo di 420 m s.l.m.
Il clima della regione è molto arido. Il territorio si presenta attualmente completamente privo di copertura arborea e la vegetazione spontanea è costituita da chiazze erbose sparse. Il terreno è molto sabbioso e ricco di ciottoli e depositi di ghiaia. L’area è attualmente incolta e utilizzata principalmente per il pascolo da parte di piccoli gruppi di pastori azeri. In epoca sovietica, tuttavia, il territorio era sfruttato in modo più intensivo, come dimostrano i resti di diverse fattorie per l’allevamento di bestiame su larga scala, una delle quali si trova appena a Sud del sito e un’altra, più grande, circa 2 chilometri a Sud di esso. Sono inoltre visibili resti di canali d’irrigazione e piccoli bacini idrici, che suggeriscono che durante il XX secolo nell’area fosse praticata anche l’agricoltura, come è possibile osservare ancor oggi pochi chilometri più a Ovest e anche ad Est, vicino alle montagne di Mravaltskaro. Nell’area sono anche presenti numerosi resti di installazioni militari sovietiche.
La necropoli era stata scoperta pochi anni or sono durante una ricognizione archeologica; il team italo-georgiano la ha visitata una prima volta nel 2021. Nel corso della campagna preliminare 2023 sono stati mappati e geo-referenziati un totale di 63 tra tumuli funerari e strutture connesse.
La maggior parte dei tumuli si trova nella parte sud-occidentale del plateau. La loro distribuzione su quest’area non è omogenea, in quanto essi sembrano raggrupparsi in clusters separati. Il più grande di questi, composto da 27 tumuli collocati piuttosto vicini tra loro, si trova al limite sud-orientale del plateau. Una seconda concentrazione di tumuli si trova un centinaio di metri a Nord-Ovest della prima; è formata da 18 elementi, anche questi in posizione piuttosto ravvicinata gli uni agli altri.
I kurgan sono generalmente di piccole dimensioni (il diametro misura tra i 5-6 e i 30 m) e piuttosto bassi (meno di 3 m di altezza). Sono stati apparentemente eretti direttamente sul suolo vergine in un’area che non presenta alcuna occupazione antropica né precedente né contemporanea e sono coperti da un sottile strato di ciottoli fluviali di piccole e medie dimensioni. Nella maggior parte dei casi appaiono ben conservati e recano poche tracce evidenti di saccheggio, per quanto alcuni siano stati danneggiati da installazioni militari sovietiche. La loro sommità è spesso segnata da una leggera depressione, forse dovuta al crollo di una camera interna. Secondo quanto è visibile nelle foto satellitari, alcuni di essi erano forse circondati da un tumulo di terra di dimensioni maggiori o da un cerchio di pietre.
Non vi sono indicazioni precise a proposito della data di questo importante sito funerario, in quanto fino ad oggi sui kurgan e intorno ad essi non è stato rinvenuto materiale archeologico ad eccezione di poche schegge di ossidiana. La sua prossimità alla necropoli tardo-calcolitica di Soyuk Bulaq, che si trova 15 km più a Sud, appena al di là del confine con l’Azerbaijan, potrebbe suggerire la stessa data almeno per una parte dei tumuli; alternativamente, essi potrebbero appartenere a qualsiasi periodo tra il Medio Bronzo e il Tardo Bronzo/Antico Ferro, epoca quest’ultima in cui necropoli composte da piccoli kurgan sono particolarmente frequenti in tutto il Caucaso Meridionale.
Il team italo-georgiano prevede di iniziare degli scavi regolari sul “Gardabani kurgan field” nell’estate del 2024. Il sito rappresenta infatti un’occasione unica per investigare un’estesa area funeraria utilizzando un approccio integrato che faccia uso di diverse tecniche di indagine di ultima generazione. Ci si propone di integrare lo scavo di tumuli selezionati con indagini non distruttive (tele-rilevamento e prospezioni geofisiche) allo scopo di evidenziare le relazioni tra i diversi tumuli e tra questi ed eventuali sepolture secondarie e altre strutture ausiliarie. Lo scavo adotterà un approccio micro-archeologico e verranno condotte campionature sistematiche per analisi bio-archeologiche, archeometriche e paleo-ambientali.
Gardabani Survey
La Municipalità di Gardabani si estende su un’area di 1,212.2 km² da Tbilisi fino all’attuale confine con l’Azerbaijan. Le nostre attività di ricognizione si concentrano esclusivamente sulla sua parte meridionale, a Sud della città di Rustavi e tra la valle del medio corso del fiume Kura e le cosiddette “Montagne colorate” di Mravaltskaro.
La regione non è mai stata oggetto di indagini di superficie sistematiche, anche se ricognizioni preliminari sono state recentemente condotte sia da una missione georgiana del Museo di Rustavi che dal progetto georgiano/canadese GRAPE.
L’area sembrerebbe avere un alto potenziale archeologico per i periodi pre-classici dal momento che da tutte la regioni limitrofe, indagate più intensivamente, sono emerse importanti evidenze di differenti periodi. I ben noti siti del Tardo Calcolitico di Boyuk Kesik e Soyuk Bulak (Lyonnet et al., AMIT 40, 2008) si trovano, ad esempio, solo pochi chilometri a Sud della Municipalità di Gardabani, mentre il sito dell’Età del Ferro di Udabno (Korfmann et al. AMIT 35-36, 2005; see also S. Brodbeck-Jucker, “Die Keramik von Udabno und ihre Stellung innerhalb des früheisenzeitlichen Südkaukasus”, Bonn 2017) giace ad appena 15 km ad Est, e ad Ovest la regione di Marneuli ospita molti siti dal Neolitico fino all’Età del Bronzo Tardo.
Il paesaggio in quest’area è molto eterogeneo e comprende tre differenti ambienti naturali e geo-morfologici. La parte occidentale è caratterizzata dall’ampia pianura che si estende lungo il fiume Kura, ora intensamente coltivata e, nel suo limite settentrionale, pesantemente danneggiata dalle moderne infrastrutture industriali.
L’intera valle è ricoperta da vegetazione erbacea e macchie di basse foreste sono sparse tutt’attorno, principalmente ai lati dei principali canali d’irrigazione. Ad Est di quest’area se ne estende un’altra, caratterizzata da dolci colline e da un ambiente semi-arido completamente spoglio di vegetazione d’alto fusto. L’altitudine media si aggira attorno ai 450 m s.l.m.
Il “campo di kurgan” che verrà scavato nel 2024 dalla Missione archeologica italo-georgiana è ubicato proprio in quest’area. In essa non è presente nessun villaggio moderno: durante il periodo sovietico questi terreni vennero impiegati sia per scopi militari, come è tuttora evidente dalle molte trincee rilevabili sul terreno, sia per l’allevamento intensivo di grandi mandrie di bestiame, di cui oggi rimangono diverse fattorie in rovina, alcune delle quali ancora parzialmente in uso.
La parte orientale della regione è invece caratterizzata dalla presenza di basse montagne, le cosiddette “Montagne Colorate”: con una elevazione massima di circa 800 m s.l.m., che rappresentano il confine naturale tra le regioni di Kvemo Kartli e Cachezia.
Una visita preliminare al sito, effettuata nell’autunno 2023, ha evidenziato la presenza di alcuni “campi di kurgan” di datazione ancora sconosciuta e di un possibile insediamento del Bronzo Tardo/Ferro.
La prima stagione di ricognizione di superficie sistematica è in programma per l’autunno 2024 e verrà condotta dal progetto GIGAP in collaborazione con Stefania Fiori e Alper Arslan (dottorandi rispettivamente presso le Università di Kiel e Torino).
Grazie alla sinergica collaborazione di analisi di ‘remote sensing’, indagini geomorfologiche (responsabile prof. G. Boschian) e di ricognizioni di superficie intensive ed estensive, la spedizione ha in progetto di individuare tutte le evidenze archeologiche visibili nell’area selezionata con lo scopo di fornire alle autorità locali un valido strumento per la loro protezione e valorizzazione, e di ricostruire lo sviluppo dell’occupazione umana della regione.
La ricognizione intende inoltre chiarire le relazioni tra i differenti siti (grandi e piccoli insediamenti, necropoli etc.), lo sviluppo diacronico delle relazioni tra gruppi umani e l’naturale contesto e le relazioni tra le comunità locali e quelle che vivevano altre regioni del Vicino Oriente.